Alcuni cosiddetti attivisti di sinistra, perfino alcuni sedicenti marxisti, spesso esclamano con disperazione e frustrazione: “guarda quanto sono terribili le cose, perché non c’è ancora stata una rivoluzione?” Come spiega Alan Woods in questo articolo, coloro che pongono tali domande non hanno alcuna comprensione della coscienza delle masse, né del metodo dialettico, che i marxisti usano per penetrare al di sotto dell’apparenza superficiale della società, verso la crescente tensione sottostante. Questo articolo, originariamente apparso nel numero 37 della rivista In Defence of Marxism nel marzo 2022, fornisce un’eccellente analisi della situazione mondiale e delle dinamiche reali della rivoluzione. I movimenti esplosivi in Sri Lanka e Iran accaduti in quella stessa estate hanno fornito una prova materiale delle argomentazioni di Alan.
“Gli uomini non fanno la rivoluzione più volentieri di quanto non facciano la guerra. La differenza consiste tuttavia nel fatto che nella guerra la costrizione ha una parte determinante mentre in una rivoluzione la sola costrizione è quella determinata dalle circostanze. La rivoluzione scoppia quando non c’è altra via”. (Trotsky, Storia della rivoluzione russa, capitolo 43, “L’arte dell’insurrezione”)
“Quando i tempi saranno maturi, le cose si muoveranno lì con enorme velocità ed energia, ma potrebbe volerci un po’ prima che si raggiunga quel punto“. (Engels, 24 ottobre 1891)
“Tutto ciò che esiste merita di perire”
Hegel spiegò che tutto ciò che esiste merita di perire. Vale a dire, tutto ciò che esiste contiene in sé il germe della propria distruzione. Ed è proprio così. Per molto tempo è sembrato che il capitalismo fosse pdestinato a esistere per sempre. Lo stato di cose esistente non veniva messo in discussione dalla maggior parte delle persone. Le sue istituzioni sembravano solide. Alla fine anche le crisi più gravi venivano superate, apparentemente senza lasciare traccia.
Ma le apparenze ingannano. La dialettica ci insegna che le cose si trasformano nel loro opposto. Dopo un lungo periodo di stagnazione politica, gli sviluppi degli ultimi anni rappresentano una rottura fondamentale della situazione su scala mondiale.
La crisi del 2008 ha segnato una brusca svolta in tutta la situazione. In realtà i borghesi non sono mai riusciti a riprendersi da quella crisi. All’epoca abbiamo fatto notare come ogni tentativo della borghesia di ristabilire l’equilibrio economico sarebbe servito solo a distruggere l’equilibrio sociale e politico. E questo si è rivelato essere letteralmente il caso. La borghesia ricorse a misure disperate per risolvere quella crisi, spendendo somme di denaro senza precedenti.
Lo hanno ripetuto a un livello molto superiore nel 2020 quando la pandemia ha portato l’economia mondiale in recessione. Quelle misure gli hanno permesso di evitare un crollo immediato. Ma solo a costo di creare nuove e insormontabili contraddizioni, che stanno venendo a galla ovunque.
Il sistema è stato salvato con enormi quantità di spesa statale, nonostante il precedente consenso tra la borghesia sul fatto che lo stato non avrebbe dovuto interferire con il mercato. Ma il denaro, come si suol dire, non cresce sugli alberi. Il risultato di questa orgia di spesa, attraverso l’utilizzo di ingenti somme di denaro che non esistevano, è stato quello di costruire una gigantesca montagna di debiti. Il debito mondiale totale si avvicina ora ai 300 miliardi di miliardi di dollari.
Questo non ha alcun precedente storico in tempo di pace. È vero che la classe dominante ha speso somme altrettanto ingenti nella Seconda guerra mondiale, che sono state ammortizzate nel periodo prolungato di ripresa economica che seguì alla guerra. Tuttavia, ciò fu possibile per una concatenazionepeculiare di circostanze, che oggi non si verificano oggi e difficilmente si ripeteranno in futuro.
L’effetto inevitabile di questa montagna di debiti è l’inflazione, che ora si sta facendo sentire con l’aumento dei prezzi delle materie prime, del carburante, del gas e dell’elettricità, colpendo i poveri.
Un nuovo periodo di instabilità economica, sociale e politica ne è l’inevitabile conseguenza. I recenti avvenimenti in Kazakistan sono stati un avvertimento di ciò che sta per accadere. Si possono ripetere in qualsiasi momento in un paese dopo l’altro.
La crisi attuale non è solo economica e finanziaria, ma ha un carattere sociale e politico, anche morale e psicologico. È caratterizzata da un’instabilità senza precedenti in tutti i paesi.
Il sistema capitalista ha attraversato la più grave crisi economica degli ultimi 300 anni. Lo ammettono tutti i seri strateghi del capitale. Oltre a questo, milioni di persone sono morte a causa della pandemia, che non è stata ancora superata, nonostante le pretese della borghesia.
Da questi fatti sarebbe semplice dedurre che le condizioni per una rivoluzione socialista esistano già su scala mondiale. Questo è perfettamente vero. In senso generale, è vero da molto tempo. Ma le prospettive marxiste non si possono limitare a frasi generiche.
Non è sufficiente ripetere affermazioni generali sull’inevitabilità della rivoluzione socialista. Bisogna sapere come spiegarne le ragioni. Hegel sottolineò che è compito della scienza non è accumulare una massa di dettagli, ma acquisire una visione razionale. Questo è precisamente il compito dei marxisti.
Troppo spesso, persone di sinistra e persino alcuni marxisti, fanno ricorso alla citazione di interminabili elenchi di statistiche economiche, che possono essere facilmente lette nelle pagine della stampa borghese. Quindi, alla fine, giungono alla conclusione che “il socialismo è la risposta”, o qualcosa di simile. Questo può essere perfettamente vero, ma è una conclusione che non si basa su una lista di fatti e di numeri e quindi ha poca o nessuna validità. Un metodo così meccanico è semplicemente indicativo di pigrizia mentale e produce una reazione di noia e impazienza in coloro che le hanno già sentite altre volte in precedenza.
Formulazioni e schemi astratti non ci aiuteranno a comprendere la realtà concreta della fase che stiamo attraversando e non ci aiuterà neanche la pura e semplice ripetizione di slogan generali sulla crisi del capitalismo, che perdono tutta la loro forza e attualità per il semplice fatto di essere delle ripetizioni ridotte a cliché vuoti e privi di significato.
Dobbiamo seguire la situazione man mano che si sviluppa concretamente in ogni sua fase. E siamo obbligati a rispondere alla domanda che deve essere venuta in mente a molte persone: voi marxisti dite che il sistema capitalista è in crisi, ed è evidente lo sia. Ma perché non c’è ancora stata una rivoluzione?
La domanda può sembrare ingenua. Ma è più seria di quanto si possa pensare. E merita un’attenta considerazione. Se dobbiamo essere sinceri, anche alcuni che si definiscono marxisti si pongono la stessa domanda: perché, se c’è una crisi così profonda, le masse non sono insorte?
Mi riferisco a quei cosiddetti attivisti, che mostrano un atteggiamento di supremo disprezzo per le idee e la teoria, e che, correndo di quà e di là senza meta, immaginano che basti gridare alla rivoluzione, per far scatenare in un qualche modo le masse all’azione.
Ricordo bene quei leader studenteschi stralunati a Parigi nel 1968, e li vedo adesso: borghesi panciuti e soddisfatti di sé, che in genere deridono i rivoluzionari e, implicitamente, sputano sul proprio passato. Confesso che questa trasformazione non è stata una sorpresa per me. Era già molto chiaro nel maggio del 1968. Non capivano niente allora e capiscono ancora meno adesso.
Questi “attivisti” sono impazienti con le masse, e quando la loro continua ripetizione di vuoti slogan “rivoluzionari” – che assomigliano agli scongiuri borbottati da un vecchio prete stanco – non ottengono il risultato sperato, incolpano la classe operaia, si demoralizzano e cadono nell’inattività. L’attivismo senza cervello e l’apatia impotente sono semplicemente l’altra faccia della stessa medaglia.
Non è compito dei marxisti tenere un termometro sotto la lingua della classe operaia per cercare di determinare quando è pronta a muoversi. Un termometro del genere non è mai esistito e mai esisterà. E gli eventi non possono essere accelerati dall’impazienza.
La situazione si sta muovendo troppo lentamente per voi? Bene, vorremmo tutti che si sviluppasse più velocemente. Ma queste cose richiedono tempo e l’impazienza è il nostro nemico più pericoloso. Non ci sono scorciatoie! Trotskij avvertì che cercare di raccogliere dove non si è seminato porterà inevitabilmente a degli errori, sia di estremismo di sinistra che di opportunismo. E chi prova a fare il passo più lungo della gamba, si farà molto male.
Tuttavia, se, dopo aver letto questo breve articolo, volete proprio insistere per sapere quando i lavoratori si muoveranno per rovesciare il sistema capitalista, sono disposto a fornirvi una risposta molto precisa.
I lavoratori si muoveranno quando saranno pronti.
Non un minuto prima.
E non un minuto dopo.
Geologia e sociologia
Il fatto stesso che ci si possa porre la domanda sul perché non vi sia stata alcuna rivoluzione rivela qualcosa di più del semplice smarrimento. Serve ad esporre una completa ignoranza sia delle leggi elementari della rivoluzione sia del modo in cui le masse acquisiscono una coscienza. Nessuna delle due cose sono processi automatici e meccanici e, come vedremo, sono entrambe strettamente correlate.
Cominciamo, come sempre, dai principi fondamentali. La dialettica ci informa che esiste uno stretto parallelo tra società e geologia. L’evidenza dei nostri sensi ci dice che il terreno appare solido e fermo sotto i nostri piedi (come dice il proverbio: “saldo come una roccia”). Ma la geologia insegna che le rocce non sono affatto salde e che il terreno si sposta costantemente sotto i nostri piedi.
In superficie, tutto potrebbe sembrare pacifico e solido in modo rassicurante. Ma sotto la superficie c’è un vasto oceano di roccia liquida ribollente, temperature e pressioni inimmaginabili che stanno cercando un punto debole nella crosta terrestre. Alla fine, la forza elementare della pressione dal basso aumenta gradualmente fino a un punto in cui le barriere si rompono e alla fine il magma irrompe in superficie con una violenta esplosione, liberando colossali forze represse in un’eruzione vulcanica.
Qui abbiamo un’analogia molto precisa con la società umana. In apparenza tutto è calmo, disturbato solo da occasionali scosse, che passano, lasciando lo status quo più o meno indisturbato. I difensori dello status quo si lasciano ingannare dall’idea che tutto vada bene. Ma sotto la superficie c’è malcontento, amarezza, risentimento e rabbia, che lentamente si accumulano fino a raggiungere il punto critico in cui un terremoto sociale diventa inevitabile.
Il punto preciso in cui avverrà questo cambiamento è impossibile da prevedere, così come è impossibile prevedere con precisione un terremoto, nonostante tutti i progressi della scienza e della tecnologia moderne. La scienza ci informa che la città di San Francisco è costruita su una faglia nella crosta terrestre nota come faglia di San Andreas. Ciò significa che prima o poi quella città subirà un catastrofico terremoto.
Sebbene nessuno sappia quando, è abbastanza certo che ciò accadrà. Ed è altrettanto certo che le esplosioni rivoluzionarie si verificheranno quando meno se lo aspettano la borghesia e i suoi strateghi, economisti e politici.
In una frase meravigliosamente chiara, Trotskij si riferisce al “processo molecolare della rivoluzione”, che procede in modo ininterrotto nelle menti dei lavoratori. Tuttavia, poiché questo processo è graduale e non incide sulla fisionomia politica generale della società, passa inosservato a tutti, tranne che ai marxisti.
Ma non tutti quelli che affermano di essere marxisti hanno afferrato i principi e i metodi più elementari del marxismo. L’abbiamo visto in Francia nel maggio 1968, quando i settari ignoranti tipo Mandel avevano completamente liquidato i lavoratori francesi come “borghesi” e “americanizzati”. Meno di quattro milioni di lavoratori erano iscritti ai sindacati, ma 10 milioni di lavoratori hanno occupato le fabbriche nel più grande sciopero generale rivoluzionario della storia. Tuttavia, che tali esplosioni possano portare a una rivoluzione socialista vittoriosa è tutta un’altra questione.
Nel 1968, i lavoratori francesi avevano il potere nelle loro mani. Il presidente De Gaulle informò l’ambasciatore americano: “Il gioco è finito. Tra pochi giorni i comunisti saranno al potere”. E questo era del tutto possibile. Se non è successo, la colpa non è stata della classe operaia, che ha fatto tutto ciò che era in suo potere per realizzare una rivoluzione, ma della direzione. Questo è il problema centrale su cui torneremo in seguito.
Condizioni per una rivoluzione
Per avere successo, una rivoluzione socialista richiede determinate condizioni. Queste hanno sia un carattere oggettivo che soggettivo.
Il solo fatto che ci sia una crisi economica non è – di per sé – sufficiente per fare una rivoluzione. Né la diminuzione del tenore di vita. Lev Trotskij una volta osservò che se la povertà fosse la causa delle rivoluzioni, le masse sarebbero sempre in uno stato di rivolta.
Alcuni settari si comportano come se le masse fossero davvero in uno stato permanente di rivolta, sempre pronte alla rivoluzione. Ma non è così. Che il sistema capitalista sia in profonda crisi è un fatto evidente che non richiede dimostrazioni. Tuttavia, come questo venga percepito dalle masse è una questione completamente diversa. Le illusioni che si sono costruite nel corso di molti anni e decenni non svaniranno facilmente. Sarà necessaria una serie di profonde scosse per distruggere l’equilibrio esistente.
È vero che, oggettivamente parlando, le condizioni per una rivoluzione socialista non solo esistono, ma sono mature da tempo. In effetti, sono un po’ troppo maturi. Ma la storia umana è fatta dalle azioni di uomini e donne. E come materialisti, sappiamo che la coscienza umana in generale non è rivoluzionaria, ma profondamente conservatrice. La mente umana è estremamente contraria al cambiamento di qualsiasi tipo.
Si tratta di un meccanismo psicologico radicato di autodifesa che abbiamo ereditato da un passato remoto, da tempo cancellato dalla nostra memoria, ma che lascia un’impronta indelebile nel nostro subconscio. È una legge radicata nel desiderio di autoconservazione.
Di conseguenza, la coscienza delle masse tende sempre a rimanere indietro rispetto agli eventi, e questo ritardo può essere piuttosto considerevole, essendo condizionato dall’insieme dell’esperienza precedente. Questo è un dato che dobbiamo tenere costantemente presente quando analizziamo la situazione attuale.
C’è un vecchio proverbio cinese che dice che la più grande disgrazia che può capitare a un uomo è vivere in tempi interessanti. Quando la terra comincia a tremare sotto i piedi, quando i vecchi templi e palazzi crollano – all’inizio questa è un’esperienza molto inquietante.
La gente correrà da tutte le parti, cercando di trovare un luogo sicuro. Ma non si troverà un uogo sicuro ricorrendo ai vecchi modi di fare. Quindi questi vecchi modi devono essere abbandonati e se ne devono trovare di nuovi. Scosse profonde hanno già cominciato a scuotere la fiducia delle persone nella società esistente.
Tuttavia, è un fatto innegabile che anche la maggior parte delle persone si senta più sicura e più a suo agio con l’ambiente familiare del mondo in cui sono nate e vissute per la maggior parte della loro vita. Anche quando i tempi sono brutti, si aggrapperanno ostinatamente alla convinzione che domani sarà migliore e che alla fine torneranno i “tempi normali”.
E quando i rivoluzionari sottolineano la necessità di una rivoluzione, la loro prima reazione è scuotere la testa e dire: “Per quanto sia brutta, meglio stare sulla vecchia via che conosciamo”. E questa è una reazione perfettamente naturale. La rivoluzione è un salto nel buio che li porterà chissà dove.
La forza dell’inerzia
La classe dominante ha in mano armi molto potenti per difendere la propria ricchezza e il proprio potere: lo Stato, l’esercito, la polizia, la magistratura, le carceri, i media e l’intero sistema educativo. Ma l’arma più potente nel suo arsenale non è nessuna di queste cose. È il potere della routine, che è l’equivalente sociale della forza d’inerzia nella meccanica.
La forza d’inerzia è una legge ben nota che si applica a tutti i corpi e che afferma che essi rimarranno sempre nel loro stato, sia di quiete che di moto, a meno che non venga introdotta qualche causa esterna per modificare questo stato, che si chiama punto di resistenza o azione. Questa stessa legge si applica alla società.
Il capitalismo genera l’abitudine all’obbedienza per tutta la vita, cosa che viene facilmente trasferita dalla scuola alla linea di produzione nella fabbrica e da qui alle caserme.
Il peso morto della tradizione e della routine quotidiana grava sul cervello delle persone e le costringe a obbedire ai suoi verdetti. Ciò significa che le masse, almeno in prima istanza, prenderanno sempre la strada di minor resistenza. Ma alla fine, i colpi dei grandi eventi le costringeranno a cominciare a mettere in discussione i valori, la moralità, la religione e le credenze che hanno plasmato il loro pensiero per tutta la vita.
Occorrono eventi colossali per scuotere le masse da questa routine che distrugge la mente, per costringerle a prendere coscienza della loro reale situazione, a mettere in discussione le vecchie credenze che pensavano fossero indiscutibili e a trarre conclusioni rivoluzionarie. Questo inevitabilmente richiede tempo. Ma nel corso di una rivoluzione, la coscienza delle masse subisce un impulso enorme. Può essere completamente trasformata nell’arco di 24 ore.
Vediamo lo stesso processo in ogni sciopero. Accade spesso che i lavoratori più avanzati si sorprendano quando alcuni dei lavoratori più arretrati e conservatori si trasformano improvvisamente nei militanti più attivi ed energici.
Uno sciopero è solo una rivoluzione in miniatura. E in ogni sciopero, l’importanza della direzione è fondamentale nel processo di sviluppo della coscienza. Molto spesso, un singolo discorso audace di un solo militante in una riunione di massa può significare il successo o il fallimento di uno sciopero. Questo ci porta alla questione centrale.
Il fattore soggettivo nella storia
I movimenti rivoluzionari spontanei di massa rivelano la forza colossale delle masse. Ma solo come forza potenziale, non reale. In assenza del fattore soggettivo, anche il movimento di massa più tempestoso non può risolvere i problemi più importanti della classe.
Qui dobbiamo capire che c’è una differenza fondamentale tra la rivoluzione socialista e le rivoluzioni borghesi del passato. A differenza di una rivoluzione borghese, una rivoluzione socialista richiede il movimento cosciente della classe operaia, che deve non solo prendere in mano le redini del potere statale, ma anche e fin dall’inizio, deve assumere il controllo cosciente delle forze produttive.
Attraverso il meccanismo del controllo operaio delle fabbriche si prepara la strada a un’economia pianificata socialista amministrata democraticamente. Questo non era affatto il caso delle rivoluzioni borghesi del passato, poiché l’economia di mercato capitalista non richiede alcuna pianificazione o intervento cosciente.
Il capitalismo è emerso storicamente in modo spontaneo, come conseguenza dell’evoluzione delle forze produttive sotto il feudalesimo. Le teorie dei dirigenti rivoluzionari borghesi, nella misura in cui esistevano, erano solo un riflesso inconscio delle esigenze della nascente borghesia, dei suoi valori, della sua religione e della sua morale.
Lo stretto rapporto tra il protestantesimo (e in particolare il calvinismo) e i valori della nascente borghesia è stato rivelato nel dettaglio da Max Weber, anche se, da idealista, ha capovolto il rapporto.
Un secolo dopo, in Francia, il razionalismo dell’Illuminismo era la teoria che preparava il terreno alla Grande Rivoluzione francese, che proclamava coraggiosamente il dominio della Ragione, mentre, in pratica, preparava il terreno al dominio della borghesia.
Inutile dire che né nella sua precedente veste religiosa, né quando in seguito si indossò lo splendido manto della Ragione, le idee dominanti rappresentavano davvero gli interessi rozzi, materialistici e avidi della borghesia. Al contrario, quel mascheramento era assolutamente necessario per mobilitare le masse popolari a ribellarsi contro il vecchio ordine combattendo sotto la bandiera dei loro futuri padroni.
Nella misura in cui queste teorie non riflettevano adeguatamente (o addirittura contraddicevano) gli interessi della nascente classe borghese, furono abbandonate senza tante cerimonie e sostituite da altre idee che si adattavano più adeguatamente al nuovo sistema sociale.
Nelle prime fasi della Rivoluzione inglese, Oliver Cromwell dovette mettere da parte gli elementi borghesi per completare il rovesciamento del vecchio ordine monarchico appoggiandosi agli elementi plebei e semiproletari più rivoluzionari. Proponeva il Regno di Dio sulla terra per sollevare le masse.
Ma compiuto questo compito, si rivoltò contro l’ala sinistra, schiacciò i Livellatori e aprì la porta alla borghesia controrivoluzionaria che lavorò per arrivare ad un compromesso con il re e poi mise in atto la cosiddetta Gloriosa Rivoluzione del 1688, che stabilì finalmente il dominio della borghesia. Le vecchie idee dei puritani furono abbandonate e questi furono costretti a emigrare sulle coste del Nuovo Mondo per praticare il loro credo religioso.
Un processo analogo si può osservare nella Rivoluzione francese, dove la dittatura rivoluzionaria dei giacobini, che si basava sulle masse semiproletarie dei Sanculotti parigini, fu rovesciata prima dalla reazione termidoriana e dal Direttorio, poi dal Consolato e dalla dittatura di Napoleone Bonaparte, e infine dalla restaurazione dei Borboni dopo la battaglia di Waterloo. La vittoria finale della borghesia francese fu assicurata solo dopo la rivoluzione del 1830 e la sconfitta della rivoluzione proletaria del 1848.
La rivoluzione russa
Il ruolo cruciale del fattore soggettivo si può vedere molto chiaramente nella Rivoluzione russa. Lenin scrisse nel 1902:
“Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario. Non si insisterà mai troppo su questo concetto in un periodo in cui la predicazione opportunistica venuta di moda è accompagnata dall’esaltazione delle forme più anguste di azione pratica.”. (V. I. Lenin, Che fare?)
E aggiunse che “solo un partito guidato da una teoria di avanguardia può adempiere la funzione di combattente di avanguardia”. (Ibid.)
Questo non è stato il caso della rivoluzione borghese, per le ragioni che abbiamo già detto. Ma era assolutamente necessario per il successo della rivoluzione socialista, come abbiamo visto nel 1917.
La rivoluzione di Febbraio ha avuto luogo senza alcuna direzione rivoluzionaria cosciente. Gli operai e i soldati (contadini in uniforme) dimostrarono di essere abbastanza forti da rovesciare con successo il regime zarista che aveva governato la Russia per secoli. Eppure non presero il potere nelle loro mani. Invece, abbiamo avuto l’aborto del Dualismo di potere che durò fino a quando i soviet alla fine presero il potere nel novembre, sotto la guida dei bolscevichi.
Perché i lavoratori non hanno preso il potere a febbraio? Naturalmente, si potrebbe rispondere a questa domanda con tutti i tipi di argomentazioni “intelligenti”. Anche alcuni bolscevichi affermavano che la ragione stava nel fatto che il proletariato doveva obbedire alla “legge ferrea delle tappe storiche”, che non poteva “saltare il febbraio” e che doveva “passare per la fase della rivoluzione borghese”. In realtà queste persone cercavano di coprire la propria codardia, confusione e impotenza facendo appello a “fattori oggettivi”. A quelle persone Lenin rispose con disprezzo:
“Perché non hanno preso il potere? Per queste e queste ragioni, dice Steklov. Questo è assurdo. Il fatto è che il proletariato non è abbastanza cosciente né abbastanza organizzato. Bisogna ammetterlo: la forza materiale è nelle mani del proletariato ma la borghesia si è rivelata più cosciente e preparata. Il fatto appare mostruoso, ma è necessario riconoscerlo francamente e apertamente e dire al popolo che non abbiamo preso il potere perché siamo disorganizzati e incoscienti”. (Lenin, “Discorso a una riunione dei bolscevichi partecipanti alla Conferenza dei Soviet dei deputati operai e soldati di tutta la Russia“, 4 aprile 1917, Opere complete, vol. 36, p. 319, mio corsivo)
Cerchiamo di essere chiari. Senza la presenza del Partito Bolscevico – anzi, senza la presenza di due uomini, Lenin e Trotskij – la Rivoluzione d’Ottobre non avrebbe mai avuto luogo, sarebbe stata un aborto e si sarebbe conclusa con la controrivoluzione e un regime fascista.
In altre parole, la forza della classe operaia – che è un dato di fatto – rimarrebbe solo come potenziale. E questo non è mai sufficiente. Questa è la colossale importanza del fattore soggettivo nella storia.
Crollo del centro
Gli sconvolgimenti rivoluzionari sono impliciti in tutta la situazione odierna. Avverranno inevitabilmente, sia che sia presente o meno un partito rivoluzionario. Ma nella guerra tra le classi, così come nella guerra tra le nazioni, l’importanza di avere buoni generali è un fattore decisivo. E qui sta il problema.
Le masse stanno cercando di trovare una via d’uscita da questo incubo. Osservano un partito e un leader dopo l’altro, e uno dopo l’altro li gettano nella pattumiera della storia. Questo spiega l’estrema instabilità della vita politica in tutti i paesi che si ha in questo momento. Il pendolo politico oscilla violentemente a destra, poi a sinistra.
La vittima principale è quell’animale particolare definito come centro. Questo è motivo di grave preoccupazione tra gli strateghi del capitale, perché il centro rappresenta una sorta di fulcro che bilancia gli estremi di destra e di sinistra e li neutralizza. È quel paesaggio vago dove tutte le nette linee di demarcazione sono sfocate fino al nulla, dove vuote retoriche e vaghe promesse passano come moneta sonante, o almeno per cambiali che potranno essere riscattate in una data futura (non specificata).
Per molto tempo il centro è stato rappresentato negli Stati Uniti da due partiti, I repubblicani e I democratici, e in Gran Bretagna dal Partito laburista e da quello conservatore, che erano più o meno indistinguibili. Ma tutto ciò aveva una base materiale.
Nel dopoguerra, quando il capitalismo godeva di una ripresa economica senza precedenti, i partiti laburisti e socialdemocratici concessero importanti riforme, come il Servizio sanitario nazionale gratuito in Gran Bretagna. Quel periodo è passato alla storia molto tempo fa.
Al giorno d’oggi, la classe dominante non può nemmeno permettere che si continui con le vecchie conquiste, figuriamoci se concederà nuove riforme. Le vecchie certezze se ne sono andate e con essa la vecchia stabilità. Ovunque ci sono turbolenze e crisi. La crisi del capitalismo è la crisi del riformismo.
Il ruolo della “sinistra”
La crisi del riformismo e il crollo dello stalinismo significano che c’è un vuoto a sinistra. E poiché la natura aborrisce il vuoto, questo deve essere riempito. Poiché alla Tendenza marxista mancano le forze per riempirlo, quello spazio sarà occupato dai riformisti di sinistra.
Per ragioni storiche che non possiamo trattare qui, le vere forze del marxismo sono state spinte molto indietro. Data la debolezza del fattore soggettivo, è inevitabile che quando le masse si risveglieranno alla vita politica, si rivolgeranno alle organizzazioni esistenti e ai leader conosciuti, specialmente quelli con credenziali di “sinistra”.
Il periodo attuale vedrà quindi l’ascesa di tendenze riformiste di sinistra e persino centriste. Ma anche queste saranno messe alla prova dalle masse e, in molti casi, avranno un carattere puramente transitorio.
Riconoscendo questo fatto, la Tendenza marxista deve avere un atteggiamento flessibile nei confronti di questi elementi di sinistra, fornendo loro un sostegno nella misura in cui sono disposti a combattere contro i riformisti di destra, ma criticandoli sempre quando vacillano, fanno concessioni inaccettabili e fanno marcia indietro davanti alle pressioni dell’opinione pubblica borghese e ai traditori della destra riformista.
Il desiderio di realizzare un cambiamento fondamentale nella società non può limitarsi a una chiara comprensione del programma e delle prospettive. Implica anche un elemento di forza di volontà, o volontà di potere: cioè la volontà cosciente di vincere, conquistare, spazzare via tutti gli ostacoli e cambiare la società.
Questo, a sua volta, deve basarsi su visione del futuro e completa fiducia nelle capacità della classe operaia di cambiare la società. Ma i riformisti di sinistra non hanno né l’uno né l’altra. Pertanto, evitano costantemente l’obiettivo principale.
Tergiversano, rimandano, cercano compromessi, che è solo un altro modo per arrendersi, poiché cercare un compromesso dove non è possibile, costruire ponti tra interessi di classe inconciliabili, è il tentativo di far quadrare il cerchio. Dubbi, ambiguità e indecisione sono la loro essenza interiore. Il disfattismo è insito nella loro stessa anima e psiche.
Naturalmente, non possono ammetterlo, nemmeno a sè stessi. Al contrario, si convincono che la loro sia l’unica vera strada e che qualsiasi altra strada porterà inevitabilmente al disastro. Trovano mille motivi per ingannare sè stessi ed essendo così convinti, sono meglio attrezzati per ingannare gli altri.
In molti casi, i riformisti di sinistra sono persone oneste. Oh sì, sono completamente convinti della giustezza delle loro argomentazioni. E un sincero riformista di sinistra può fare molti più danni di uno disonesto. Il loro tradimento non è deliberato o consapevole. Le masse ripongono in loro tutta la loro fiducia e quindi sono condotti con ancor più sicurezza tra le fauci della sconfitta.
Martov era senza dubbio un uomo molto onesto e sincero, e anche molto capace e intelligente. Eppure ha svolto un ruolo molto negativo nel destino della rivoluzione russa.
Il caso della Grecia
Nel burrascoso periodo degli anni Trenta, le organizzazioni di massa della socialdemocrazia erano in fermento. La crisi economica che seguì il crollo di Wall Street del 1929, la conseguente disoccupazione di massa e l’ascesa del fascismo in Europa, produssero il fenomeno noto ai marxisti come “centrismo”, che, per usare le parole di Trotskij, è “un termine generale usato per definire quelle tendenze e raggruppamenti che oscillano tra il riformismo e il marxismo”.
In generale tuttavia, nel periodo attuale, il movimento rivoluzionario nella società non si è riflesso tra le fila della socialdemocrazia come avveniva negli anni ’30. Movimenti come Podemos in Spagna, SYRIZA in Grecia e, in misura molto minore, il movimento dietro a Mélenchon in Francia, riflettevano in parte il crescente malcontento. Ma avevano tutti una posizione politica molto confusa, e sono solo un pallido riflesso delle correnti centriste degli anni ’30.
Nel caso della Grecia, in condizioni di estrema crisi sociale, SYRIZA, un piccolo partito di sinistra emerso da una scissione di destra del Partito comunista stalinista (KKE), è cresciuto rapidamente a spese del tradizionale partito riformista di massa, il PASOK, che era ampiamente screditato agli occhi delle masse. SYRIZA è arrivata al potere nel gennaio 2015 con una schiacciante vittoria sulla destra di Nuova Democrazia.
Dopo la crisi del 2008, la Grecia era sull’orlo della bancarotta. È stato tra i paesi più gravemente colpiti dalla crisi del debito sovrano europeo. L’Unione Europea, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca centrale europea si sono offerti di salvare la Grecia, ma a costo di imporre brutali misure di austerità. Ciò ha portato a un massiccio movimento delle masse contro l’austerità. In contrasto con i governi di Nuova Democrazia e PASOK, SYRIZA ha promesso la fine dell’austerità. Ma sulla base della crisi capitalista, ciò era impossibile.
I vertici dell’UE la vedevano come una minaccia. Hanno dovuto schiacciare SYRIZA, come monito per altri, come Podemos in Spagna, che potevano essere tentati di seguire il suo esempio. Erano determinati a minare e distruggere il governo di sinistra con ogni mezzo possibile. In queste condizioni era assolutamente corretto indire un referendum, per mobilitare le masse dietro al governo e contro l’austerità.
Le condizioni per il salvataggio offerte dai leader dell’Unione Europea sono state respinte con decisione nel referendum del 5 luglio 2015, quando il 61% ha votato “NO”. Di fronte a questo clamoroso risultato, chi poteva dubitare dello spirito combattivo della classe operaia greca? Non solo i lavoratori, ma ogni settore della popolazione si stava mobilitando per la lotta. Ogni settore, tranne quelli che avrebbero dovuto fornire una guida.
Se Tsipras fosse stato un marxista, avrebbe potuto usare il movimento per cambiare la società, invitando i lavoratori a occupare le banche e le fabbriche. Il popolo greco sarebbe stato disposto ad accettare le avversità, come lo furono i lavoratori russi dopo la rivoluzione del 1917.
Una politica rivoluzionaria, sostenuta da un appello internazionalista, avrebbe avuto un effetto elettrizzante sui lavoratori del resto d’Europa e del mondo. Le masse in Spagna, Italia, Francia e non solo, avrebbero risposto con entusiasmo all’appello per la solidarietà internazionale con il popolo greco assediato. Ne sarebbero seguite manifestazioni e scioperi, costringendo banchieri e capitalisti sulla difensiva e aprendo ovunque la porta a possibilità rivoluzionarie.
La questione era immediata: o combattere fino alla fine o subire una vergognosa sconfitta. Ma i riformisti di sinistra non combattono mai fino in fondo. Cercano sempre la strada di minor resistenza e cercano di scendere a compromessi con la classe dominante. I negoziatori di SYRIZA hanno cercato di giocare con le parole, hanno tergiversato offrendo soluzioni di compromesso che non hanno risolto nulla. Ma l’altra parte non era interessata al compromesso.
Alla fine, la borghesia europea ha messo in luce il loro bluff. Di fronte a una chiara scelta tra combattere o arrendersi, Tsipras ha scelto quest’ultima soluzione. Ha accettato condizioni molto più dure di quelle che erano state così decisamente respinte dal popolo greco nel referendum. Dopo questo tradimento, Tsipras e la sua squadra hanno accettato servilmente i diktat di Bruxelles e Berlino. L’ondata di rabbia è stata seguita da disillusione e disperazione.
Questa è l’inevitabile conseguenza della confusione del riformismo di sinistra.
Podemos
In Spagna, Podemos, come SYRIZA, è diventata una forza di massa in un breve lasso di tempo, riflettendo il bruciante desiderio di cambiamento da parte delle masse che cercavano un taglio netto con il passato.
I principali leader di Podemos erano influenzati dalla Rivoluzione Bolivariana in Venezuela. Ma erano completamente incapaci di assimilare le lezioni della sua forza: la necessità di mobilitare le masse con un audace messaggio rivoluzionario.
Invece, hanno copiato solo il lato più debole del movimento bolivariano: la sua mancanza di chiarezza teorica, i suoi messaggi ambigui e il rifiuto di portare avanti la rivoluzione fino in fondo. In una parola, hanno copiato i tratti negativi che alla fine hanno portato al naufragio della Rivoluzione venezuelana.
Podemos ha suscitato le speranze di milioni di persone. Grazie a una retorica che sembrava radicale del suo leader Pablo Iglesias, Podemos è passato da essere una formazione sconosciuta a diventare il primo partito nei sondaggi. Ma più si avvicinavano al potere, più Pablo Iglesias e gli altri leader di Podemos moderavano il loro messaggio.
Invece di lottare per superare da sinistra il PSOE socialdemocratico, si sono accontentati di accettare incarichi ministerialeicome partner subordinati in un governo di coalizione con il PSOE. Invece di una rottura radicale con il capitalismo, hanno partecipato a un governo il cui compito principale era la gestione della crisi del capitalismo spagnolo.
In cambio di alcuni portafogli ministeriali, Unidas Podemos (UP), questo il suo nome oggi, è diventato corresponsabile di un governo che ha inviato la polizia antisommossa contro i metalmeccanici in sciopero a Cadice e ora gestisce i fondi europei, che arrivano infiocchettati con il nastro dell’austerità.
Di conseguenza, il sostegno a UP è crollato, il partito è in costante crisi e ha perso gran parte della sua base attiva. Ora è soltanto l’ombra di ciò che prometteva di essere all’inizio. Il potenziale rivoluzionario insito nel movimento è stato sperperato portando con sè una diffusa demoralizzazione tra i lavoratori e i giovani più avanzati. Questo è il logico risultato del riformismo di sinistra.
La lezione di Corbyn
Il successo più eclatante del riformismo di sinistra è stata l’elezione di Jeremy Corbyn a leader del Partito laburista. Qui il punto principale è che Corbyn ha sfruttato i sentimenti di malcontento che erano sottotraccia nei confronti dell’establishment e dello status quo. Ha ottenuto una vittoria netta, ricevendo quasi il 60% dei voti alle elezioni per la leadership. All’improvviso le porte si sono aperte e centinaia di migliaia di nuovi membri si sono iscritti al partito per sostenerlo. Erano pronti e disposti a combattere contro la destra riformista.
La classe dominante era terrorizzata. C’erano le condizioni per una radicale trasformazione del Partito laburista. Erano stati presi in considerazione piani per introdurre la riselezione obbligatoria dei parlamentari laburisti, forzare elezioni suppletive di quei parlamentari che non seguono la linea del partito e muoversi verso il rafforzamento dei poteri per gli iscritti. La destra del partito era disperata. Diversi parlamentari blairiani avevano lasciato il partito.
Tuttavia, i riformisti di destra hanno avuto il sostegno della classe dominante e dei mass media, che hanno organizzato una feroce campagna contro Corbyn con l’intenzione di costringerlo a dimettersi. Il risultato è stato lo scoppio della guerra civile all’interno del Partito laburista. Ma aveva un carattere molto unilaterale.
In queste circostanze una scissione nel partito sembrava inevitabile. I blairiani si stavano chiaramente preparando. Gli strateghi del capitale avevano già tirato la logica conclusione. Ma alla fine, tutto questo non ha portato da nessuna parte. I Corbyniani sono stati sconfitti dalla destra. Come mai? Com’è stato possibile, quando Corbyn godeva di un enorme sostegno nella base del Labour? La risposta sta nella natura stessa del riformismo di sinistra.
Il ruolo più dannoso è stato svolto da Momentum, il movimento a sostegno di Corbyn. Questo avrebbe potuto diventare un punto centrale per migliaia di attivisti. Grandi riunioni di Momentum si tenevano in diverse parti del paese, dove era evidente uno stato d’animo molto arrabbiato e radicale.
Ma la destra ha mostrato tutta la determinazione che era palesemente assente da parte delle sinistre. I leader di Momentum erano più spaventati dalla base che dalla destra. Ad ogni passo hanno frenato e sabotato la campagna per la deselezione dei parlamentari laburisti della destra, cosa che i marxisti chiedevano costantemente fin dall’inizio e che godeva di un ampio sostegno nella base. Di conseguenza, i membri del Partito stavano combattendo con entrambe le mani legate dietro alla schiena.
Ma un fattore fatale è stato il ruolo svolto dallo stesso Corbyn. Le sinistre, a cominciare dallo stesso Corbyn, non erano disposte a condurre una lotta seria contro l’ala destra del Partito Laburista Parlamentare. I leader di Momentum hanno difeso il loro tradimento dicendo: “Abbiamo rimandato la deselezione perché Jeremy ha chiesto agli iscritti di farlo”.
La scusa era che “siamo per l’unità”. Temevano una scissione della destra del gruppo parlamentare laburista. Ma ciò era assolutamente necessario per evitare che le conquiste della sinistra venissero completamente distrutte. Ma fu proprio quello che accadde.
La destra del partito sapeva esattamente cosa fare. Hanno perseguito una politica aggressiva contro la sinistra, e contro i marxisti in particolare, ed erano pronti ad andare fino in fondo, indipendentemente dalle conseguenze.
Inutile dire che quando la destra è passata all’offensiva, non ha mostrato alcun segno della pavidità della sinistra. Hanno lanciato un attacco feroce, utilizzando tutto il potere dei media borghesi per calunniare e screditare Corbyn. Alla fine lo hanno di fatto espulso, insieme a un gran numero di iscritti della sinistra.
Naturalmente, l’obiettivo principale era la Tendenza Marxisata. Il Socialist Appeal è stato bandito, ma ha organizzato un contrattacco molto efficace, che ha ottenuto molto sostegno. Al contrario, la sinistra del partito si è comportata in modo codardo, rifiutandosi di reagire alla caccia alle streghe di Starmer, che è riuscito a portarla a termine.
La crisi in Gran Bretagna
L’episodio di Corbyn, iniziato con tante promesse, si è concluso con una vergognosa disfatta. Migliaia di persone hanno lasciato disgustate il Partito e la sinistra è stata completamente schiacciata. Le enormi illusioni suscitate da Corbyn hanno lasciato il posto a un clima di profondo scetticismo nel partito.
Con il disfacimento della sinistra, la situazione attuale si sta ora muovendo in una direzione completamente diversa. Questa, tuttavia, non è la fine della storia. Per ragioni sia oggettive che soggettive è ormai sempre più chiaro che la Gran Bretagna è uno degli elementi chiave nella crisi del capitalismo europeo – se non l’elemento chiave. Dall’essere, solo pochi anni fa, il paese più stabile in Europa, la Gran Bretagna è ora probabilmente il più instabile. Ora è uno degli anelli più deboli della catena del capitalismo europeo.
Sconfitti sul piano politico, gli operai si rivolgono ora al fronte della lotta sindacale. C’è un inizio di radicalizzazione nei sindacati. La crisi del governo Johnson porterà inevitabilmente alla sua caduta.
Il pendolo tornerà senza dubbio a sinistra nel futuro, soprattutto se il Partito laburista sotto la guida di Keir Starmer e dei blairiani giungerà al potere in condizioni di profonda crisi sociale ed economica. Ciò metterà in luce tutte quelle contraddizioni interne al partito che sono state temporaneamente celate, ma che potrebbero riproporsi con grande forza in futuro.
Questo aprirà grandi possibilità per la Tendenza Marxista (TMI). Tutto dipende dalla nostra capacità di crescere. E ora è possibile una crescita importante. Mentre rappresentiamo ancora un fattore molto modesto nella situazione, la sezione britannica della TMI ha una base di quadri esperta, ha costruito una solida base tra i giovani, ha un’organizzazione nazionale e un giornale ben conosciuto nel movimento operaio.
In ogni caso, le nostre forze sono molto più forti di quelle che Trotskij aveva in Gran Bretagna negli anni ’30 e hanno un livello politico infinitamente più alto. Con le tattiche corrette, le possibilità di crescita sono davvero eccezionali.
Cambiamento di stato d’animo
La crisi attuale – che ha carattere internazionale – è qualitativamente diversa dalle crisi del passato. Negli ultimi due anni, milioni di persone comuni hanno lentamente ma inesorabilmente tratto diverse conclusioni. Ovunque, sotto la superficie di una calma apparente, c’è un enorme malcontento. Le masse hanno stati d’animo di collera, rabbia, un bruciante senso di ingiustizia e, soprattutto, frustrazione – una frustrazione insopportabile.
Dicono poco ma borbottano sottovoce che l’attuale stato di cose non è tollerabile. Sta rapidamente guadagnando terreno l’idea che ci sia qualcosa di gravemente sbagliato nella società esistente. In generale, non sono ancora pronti nell’immediato ad agire direttamente contro l’ordine stabilito.
Prima o poi, con o senza la necessaria direzione, entreranno in campo per prendere in mano il proprio destino. Abbiamo già visto molti esempi di questo. Negli ultimi anni abbiamo assistito a potenti movimenti rivoluzionari o pre-rivoluzionari in Cile, Sudan, Myanmar, Libano e Hong Kong tra gli altri.
L’ultima aggiunta a questo elenco è stata la rivolta popolare in Kazakistan all’inizio di quest’anno, cominciata con le proteste dei lavoratori del petrolio per l’aumento dei prezzi del carburante. Quello era un avvertimento. Le stesse pressioni che hanno portato a quella rivolta sono presenti in molti altri Paesi.
La classe dominante è consapevole del pericolo e gli strateghi del capitale fanno previsioni cupe per il prossimo anno. Per un certo periodo, il movimento dei lavoratori è stato ostacolato dal coronavirus. Ma ora ci sono indicazioni di una ripresa della lotta di classe. L’aumento dei prezzi e il calo dei livelli di vita agiscono da stimolo per un aumento degli scioperi.
Gli appelli demagogici per l’unità nazionale vengono accolti con scetticismo mentre vengono alla luce il cinismo, l’avidità e l’interesse personale che la classe dominante ha mostrato durante la pandemia. Sta venendo a galla uno stato d’animo di disillusione e rabbia che era in costante crescita. Il sostegno allo status quo, ai governi e ai dirigenti esistenti è in rapido declino. Ma tutto ciò non porta automaticamente a una rivoluzione socialista vittoriosa.
Una volta parlando della Rivoluzione Spagnola, Trotskij disse che i lavoratori avrebbero potuto prendere il potere, non una ma 10 volte. Ma spiegò che, anche gli scioperi più turbolenti senza una direzione adeguata, non risolvono nulla.
Un periodo prolungato di rivoluzione e controrivoluzione
Ci sono molti parallelismi tra gli anni ’20 e ’30 e la situazione attuale. Ma ci sono anche differenze importanti. Prima della Seconda guerra mondiale, una situazione prerivoluzionaria non sarebbe potuta durare a lungo e sarebbe stata rapidamente risolta da un movimento verso la rivoluzione o verso la controrivoluzione (il fascismo).
Ma non è più così. Da una parte, alla classe dominante manca la base sociale di reazione di massa che esisteva in passato. Dall’altra parte, la degenerazione senza precedenti delle organizzazioni operaie agisce da duro ostacolo, impedendo al proletariato di prendere il potere. La crisi attuale sarà quindi lunga. Con alti e bassi, può durare alcuni anni, anche se è impossibile dire esattamente quanto tempo.
Quando diciamo che la crisi durerà a lungo, ciò non significa affatto che sarà pacifica e tranquilla. Anzi! Siamo entrati nel periodo più turbolento e movimentato della storia moderna. La crisi colpirà un paese dopo l’altro. La classe operaia avrà molte opportunità di prendere il potere.
Cambiamenti bruschi e repentini sono impliciti nella situazione, che può trasformarsi nell’arco di 24 ore. E dobbiamo onestamente ammettere che esiste il pericolo di cadere nella routine, utilizzando passivamente gli stessi vecchi metodi e non riuscendo a sfruttare le nuove opportunità che ci vengono offerte.
In tali periodi, i marxisti devono mostrare il più alto livello di energia, determinazione e flessibilità tattica e raggiungere con coraggio quei settori che si stanno muovendo in una direzione rivoluzionaria.
La situazione attuale può durare alcuni anni senza produrre una soluzione decisiva. Ma questo ritardo non è una brutta cosa. Al contrario, ci è enormemente favorevole, perché ci dà tempo – anche se non abbiamo tutto il tempo del mondo! – per costruire e rafforzare la nostra organizzazione, reclutare i lavoratori e i giovani migliori, educarli e formarli.
Ovunque si vedono crisi di governo e uno stato d’animo sempre più critico nella popolazione, diretto contro l’establishment e tutte le sue istituzioni. Questo è particolarmente vero per i giovani, che sono i più aperti alle idee rivoluzionarie più avanzate.
Il grande processo di apprendimento è iniziato. Può sembrare che proceda lentamente. Ma la storia si muove secondo le proprie leggi e con la propria velocità, questioni che sono determinate da molti fattori, e non sono sempre facili da determinare a priori.
Abbiamo ricevuto molte segnalazioni che sta emergendo un movimento verso il comunismo tra i giovani. Anche nelle parti più conservatrici del profondo sud degli Stati Uniti, ci sono settori importanti di giovani radicalizzati che stanno arrivando a considerarsi comunisti.
Non si tratta di un fenomeno isolato. Questi sono sintomi chiave che rivelano che qualcosa di molto importante sta cambiando nella società e i marxisti devono trovare un modo per avvantaggiarsene.
Costruire la TMI!
Dobbiamo guardare in faccia i fatti: il fattore soggettivo è stato spinto molto indietro da una serie di fattori oggettivi, che non è necessario spiegare qui. Esiste in forma organizzata nella Tendenza marxista internazionale, almeno allo stato embrionale.
Ma un embrione è ancora una potenzialità astratta. Per realizzare il nostro scopo e diventare una vera forza nella lotta di classe, dobbiamo andare oltre questo stadio.
La TMI ha ottenuto guadagni impressionanti. In tutti i paesi siamo cresciuti, mentre tutti gli altri cosiddetti gruppi di sinistra, che da tempo hanno abbandonato il marxismo, sono in crisi, si dividono e crollano ovunque.
I nostri progressi sono stati resi possibili dal nostro atteggiamento intransigente nei confronti della teoria e dalla nostra concentrazione sui giovani. Come diceva Lenin: chi ha i giovani ha il futuro. Tuttavia dobbiamo ammettere che non siamo ancora pronti ad affrontare le enormi sfide che ci attendono quando meno ce lo aspettiamo.
Affinché un’organizzazione rivoluzionaria possa trarre pieno vantaggio da una situazione rivoluzionaria o pre-rivoluzionaria, è necessario possedere almeno un numero minimo di quadri esperti e un’organizzazione in salute.
Un’organizzazione rivoluzionaria che aspiri a giocare un ruolo di primo piano ha bisogno di una certa dimensione per essere notata dalla classe operaia. Una tale cosa non può essere improvvisata o costruita facilmente nella foga degli eventi.
In ultima analisi, tutto dipende dalla nostra crescita. E questo richiederà tempo. Trotsky scrisse nel novembre 1931: “Nell’attuale situazione mondiale, il tempo è la materia più preziosa”. E queste parole sono più vere oggi che in qualsiasi altro periodo storico.
Dobbiamo agire con un senso di urgenza. Perché se le nostre forze non saranno sufficienti per affrontare le sfide dei prossimi anni, allora verranno perse importanti opportunità. Dobbiamo essere preparati! Il nostro slogan deve essere quello del grande rivoluzionario francese Danton:
«De l’audace, encore de l’audace, et toujours de l’audace!»
Audacia, audacia e ancora audacia!
Londra, 1 marzo 2022